LA ROSA SEPOLTA

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Un Paese immaginario è appena uscito da una guerra lunga e sanguinosa, nel corso della quale eserciti e milizie irregolari hanno addestrato bande di bambini soldato – vittime di un sistema di violenza e ferocia che ha fatto di loro dei “piccoli diavoli” – a compiere truci e crudeli azioni in seno alla popolazione civile per diffondervi il terrore. Uno di loro, Sergio, ormai senza casa e senza famiglia, vaga per il Paese in una sorta di solitaria fuga dall’atrocità, e sembra trovare pace in un piccolo centro di montagna, dove la giovane proprietaria di una fornace, Angela, che è mossa da una caparbio desiderio di riscatto e giustizia dagli orrori della guerra, gli offre un lavoro. Tra i due si stabilisce a poco a poco un rapporto di reciproca attrazione e ammirazione, ma nelle ambiguità della ricostruzione post-bellica – fra traffici d’armi, ex miliziani a piede libero e vecchi e nuovi profittatori – il passato torna a bussare con forza alla porta, e Sergio dovrà intraprendere un percorso doloroso e fare i conti con le responsabilità del passato.

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UN SECULU DI STORIA

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Il racconto di Salvatore D’Agostino si svolge su due livelli: la storia di quotidiana rassegnazione e codardia di un piccolo commerciante, rovinato dalla mafia e la rappresentazione di un’intensa poesia di Buttitta sui mali endemici della Sicilia. Le due storie s’intrecciano veloci, quasi un botta e risposta che affascina il lettore.
D’Agostino usa stili diversi nell’affrontare i racconti paralleli: espressionista, geometrico, essenziale in quello del commerciante, cui l’uso drammatico dei neri, i volti deformati, le prospettive falsate conferiscono una dimensione quasi onirica; più pittorica, i neri sgranati, l’impaginazione veloce, le vignette che si accavallano quasi a rincorrersi, nella rappresentazione della poesia. Quest’ultimo è l’aspetto che colpisce maggiormente: l’autore è riuscito a rendere l’urgenza dell’estro creativo, il rincorrersi di quelle vignette come il crescendo drammatico delle parole di Buttitta.